Il Mediterraneo urla
di Sara Manisera e Arianna Poletti
Bisognerebbe annusarlo, ascoltarlo e lasciarsi cullare dalle sue onde.
E invece qui, come altrove, tutto è stato mangiato dall'ingordigia del cemento.
Dalla velocità di ciò che hanno chiamato sviluppo.
Uno sguardo attento riconosce che di quel Paese raccontato con sguardo orientalista, niente è rimasto. Il fotografo che lavora con noi dice che il Libano accoglie strati e strati di storia. Ma la storia è stata sepolta. Non la si vede. Così come la memoria.
Solo torri prive di senso, insegne pubblicitarie troppo colorate, plastica e rifiuti.
Rifiuti e plastica.
I palazzi sono al buio, le case abbandonate, altre mai vissute.
Non c'è luce, non c'è Stato, non c'è welfare.
Tra poco non ci sarà neanche più grano, né pane.
Chi ha soldi può tutto. Chi no, sopravvive.
In mezzo ci sono anime belle che provano a sentire il Mediterraneo ma il suo profumo si mischia a quello di fogna, di rifiuti e tutto diventa caos.
Le pietre di nobili analfabeti, impastate con materiali naturali, resistono al tempo.
Il resto è fatto da stolti laureati per non durare.
Bisognerebbe praticare la cura.
Ma esiste una cura per un malato terminale?
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