Se l’andata è il ritorno

Partire, tornare, ripartire è sempre uno strappo.
Quando però non si compra un biglietto andata/ritorno, quando ci si trasferisce nel paese che si racconta per lavoro, lo strappo è particolarmente violento. 

All’inizio una sensazione di sconforto, pungente, ti assale quando con un paio di vecchie chiavi ti ritrovi ad aprire l’ennesima porta di una casa che non ti appartiene e che devi fare tua, in un paese che non ti appartiene e che non sarà mai tuo. La reprimi, quella sensazione, richiamando alla mente l’entusiasmo del decollo. All’inizio, la sera passi le ore al telefono per raccontare a chi non è decollato con te cos’hai scoperto durante la giornata. Ti ascolti e ti senti un po’ ridicolo, perché dall’altra parte nessuno capirà mai, e sai bene che condividere, come lo chiami tu, in certi casi è un mero bisogno egoistico. All’inizio, seguendo una strategia consolidata negli anni, ti ritrovi a marcare il territorio. Una delle prime sere passate a Tunisi, mentre mi rigiravo nel letto di una casa bianca e vuota con le pareti troppo alte, come le costruivano all’epoca coloniale, ho scritto un appunto sul mio quaderno che si intitola: ho comprato un bollitore. Quel bollitore, che ancora mi porto dietro, ha inaugurato la lenta costruzione di un posto che da contenitore è diventato il mio appartamento. Quando ti trasferisci all’estero per scelta, a un certo punto, inevitabilmente, finisci per dover rientrare a casa. Torni al punto di partenza e ritrovi la quotidianità di prima. È sempre lì, fissa, anche senza di te, che ti aspetta. Non è cambiato granché. La indossi, comoda, e per l’ennesima volta ti ricordi che ripartire  è inconfortevole, ma anche che ormai non riusciresti più a restare. Saluti e lasci tutto lì com’è, sperando di ritrovarlo uguale e di non accorgerti, tu che torni a mesi alterni, del tempo che passa sui volti degli altri.

Ma un giorno succede che andata e ritorno iniziano a confondersi. Non capisci più quando vai e quando torni, un piede di qua e uno di là, sempre più di là. Allora ogni biglietto è un’andata. O meglio, tutto è ritorno. Più il tempo che passi all’estero aumenta, meno l’estero è estero, più casa è l’estero (o l’estero è casa). Le definizioni si ribaltano, si svuotano e di quelle parole impegnative come casa preferisci non abusare più. Più ti lasci andare al luogo che racconti, più ti immergi, più è difficile risalire a galla. E il passaggio città del Mediterraneo-provincia italiana inizia a diventare un salto troppo grande anche per chi alle andate/ritorno è abituato. Così quando la vicina che ti ha vista crescere ti parla in dialetto durante i tre giorni all’anno in cui ti aggiri per la tua provincia, tu quel dialetto non lo ricordi più, e ti vengono in mente solo risposte nel dialetto del paese dove ti sei trasferita. 

Dal principio, quando ti trasferisci all’estero, lasci indietro relazioni consolidate promettendoti di lasciarti andare a incontri nuovi. Ma gli incontri, di là, spesso hanno i mesi contati a causa di un progetto diverso dal tuo e che, come il tuo, prima o poi finisce. Ti scontri con altri che, come te, hanno spesso un ritorno in tasca. Così gli strappi si moltiplicano. Cucire relazioni nel luogo dove ti trasferisci con chi in quel luogo rimane, mentre si scuciono quelle lasciate indietro, è comunque una scommessa perché sai che prima o poi, per quanto tu ti sia immerso, ripartirai anche tu. Lavorare nel posto in cui si vive, promettersi di raccontarlo, ha un costo emotivo elevato. Il lavoro, che nel nostro caso corrisponde a intrattenere delle relazioni umane, ti accompagna ventiquattro ore su ventiquattro perché quella storia, quella dell’amico che incontri per un caffè nel tentativo di distrarti, merita comunque di essere raccontata. Il personale si mescola al professionale. Questo succede anche perché il professionale richiede e coinvolge una buona dose di personale. Quando ascolti le storie degli altri capita che la sera rientri svuotato, incapace di concedere l’energia che ti resta a chi è lì per te e non per un’intervista. Così ti ritrovi a sciogliere i nodi, da un lato e dall’altro, mentre vorresti abbandonarti all’altrove, ma non lo farai mai completamente per essere in grado di poter tornare indietro quando sarà il momento.

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